giovedì 29 novembre 2012

Compagni Di Viaggio

Ieri ho preso per la prima volta il treno Frecciarossa.
Le mie precedenti esperienze ferroviarie sono sempre state, in condizioni più o meno decorose, sui treni ordinari, quelli che definisco affettuosamente “carri bestiame”. 
Una volta svanita la meraviglia per la pulizia, la comodità dei sedili, le prese di corrente personali, il lusso dei monitor informativi di tratta, meteo e orari, ho iniziato ad osservare i passeggeri.
Al 90% uomini&donne d’affari. 
Tutti eleganti. Impeccabili. Alcuni addormentati ( sempre e comunque in posizioni professionali ) altri, annodati tra cavi di alimentatori, caricabatterie, auricolari, snocciolanti grafici e mail.
Mi sentivo quasi fuori luogo, non avevo tacchi, ma sneakers, non ero vestita di grigio, ma di (tanti) altri colori, nelle mie cuffie non parlava nessun datore di lavoro, ma Haydn e tutto sarei riuscita a fare, meno sonnecchiare in modo professionale.
Dalle parti di Milano ho definitivamente concluso che i miei compagni di viaggio, pur professionali, seri, civili e profumati erano anche irrimediabilmente noiosi.
Mi sono ritrovata ad avere nostalgia della signora che, sul carro bestiame della settimana scorsa, mi perforava i timpani con le sue esclamazioni telefoniche in coreano, del vecchietto razzista che proponeva alla moglie di “far fuori” tutti i coloratissimi ragazzi di colore in fondo al vagone, del ragazzo d’affari che, in quanto ancora solo ragazzo, viaggiava con il carro bestiame e dormiva coricato in un’improbabile posizione sul suo portatile.
Ognuna di quelle persone aveva una storia scritta addosso a caratteri cubitali con l’inchiostro dei vestiti, delle movenze, della postura, delle azioni, del tono di voce, del riguardo verso il prossimo e di altri minimi particolari che mi avevano aiutata ad ingannare il tempo del viaggio.
Giocavo a Scherlock Holmes.
Studiavo i loro volti, le loro espressioni e particolarità divertendomi ad indovinare che lavoro facessero, quale fosse il loro status civile e che caratteristiche avesse il loro carattere.
Cercavo di essere libera dai preconcetti. 
L’opinione che mi costruivo, alla maniera dei puzzle, poteva cambiare ad ogni frase o gesto.
Sul Frecciarossa questo non è possibile.
Un dentista, vestito di grigio, sfogliava un catalogo di protesi dentarie, un architetto, vestito di grigio, scrutava un progetto incomprensibile e un non-so-che, vestito di grigio, per 5 minuti buoni ha combattuto una battaglia epica per sgrovigliare il filo del mouse.
Il massimo della trasgressione è stato il mio vicino, vestito ovviamente di grigio, che sfogliava un fumetto di X-Men sull’iPad.
Rassegnata, ho alzato il volume di Haydn e mi sono rintanata nella mia sciarpa verde, sonnecchiando nel modo più computo possibile .

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